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Per una pratica dell'antirazzismo
nel Nord Milano |
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Nel nostro paese nessuno E' straniero nostra patria
e' il mondo intero |
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Archivio>> Diritti umani >>Documenti |
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Turchia: La condizione femminile nell'industria dell'abbigliamento in Turchia e nei paesi dell'Est europeo
Febbraio
2006. A cura di Ersilia Monti, Francesco Gesualdi, Claudio Brocanelli, Deborah
Lucchetti della Campagna Abiti Puliti |
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Australia: L'altra metà dell'inferno - Angela Pascucci, il manifesto 13 Ottobre 2005 |
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Italia: THURAM, UN CAMPIONE DEL MONDO
CONTRO IL RAZZISMO
la Repubblica, 1 dicembre 2005, intervista a Lilian
Thuram
di Emanuele Gamba |
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Iran: Citazioni tratte da "Rassegna stampa su donne e diritti umani" |
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Italia: CPT il costo dei lagher - Luca Fazio - Il Manifesto, 10 luglio 2005 |
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Italia: Miracolo alla Scala |
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USA: minorenni in carcere - Gennaro Carotenuto, Lista Diritti Globali, 18/10/2005 |
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Italia: il prossimo controllo sul tuo computer |
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Turchia - La condizione femminile nell'industria dell'abbigliamento in Turchia e nei paesi dell'Est europeo
QUINDICI ORE DI
LAVORO AL GIORNO, SALARI INSUFFICIENTI, ABUSI: UN'ACCURATA INDAGINE
Febbraio
2006. A cura di Ersilia Monti, Francesco Gesualdi, Claudio Brocanelli, Deborah
Lucchetti della Campagna Abiti Puliti
“Women’s voices: the situation of women in the Eastern European
and Turkish garment industries” è la terza pubblicazione della
Clean Clothes Campaign sulle condizioni di lavoro nell’Europa dell’est
e la prima sulla Turchia.
L’indagine, condotta fra il 2003 e il 2005 sulla base di 256 interviste
a lavoratrici in 55 fabbriche o in laboratori a domicilio in Bulgaria, Macedonia,
Moldavia, Polonia, Romania, Serbia, Turchia, mostra come le condizioni di
lavoro siano rimaste sostanzialmente immutate rispetto al primo studio realizzato
dalla Clean Clothes Campaign otto anni fa: 15 ore di lavoro al giorno per
6 o 7 giorni alla settimana, salari insufficienti o al di sotto dei minimi
di legge, precarietà, assenza di tutele sanitarie e antinfortunistiche,
molestie sessuali e maltrattamenti, discriminazioni e attività antisindacali
sono una costante nell’industria di confezioni per l’esportazione.
La Turchia è il paese dove sono stati riscontrati i peggiori abusi,
fra cui l’impiego sistematico di lavoro minorile. Fra i primi dieci
paesi fornitori della UE, la Turchia occupa il secondo posto dopo la Cina,
con una quota dell’11%, Polonia e Romania sono in sesta posizione con
il 4%. Il comparto del tessile-abbigliamento rappresenta il 15,5% del settore
manifatturiero in Turchia, l’11% nelle repubbliche baltiche, poco meno
del 10% in Romania e Slovenia.
Predominante la componente femminile, fra il 90 e il 95% della manodopera
totale. Il meccanismo commerciale e tariffario introdotto dall’Unione
europea, che consente alle imprese di esportare semilavorati o materie prime
al di fuori del territorio della Comunità per reimportare i prodotti
finiti senza pagare i dazi all’importazione (Traffico di perfezionamento
passivo o TPP), ha incentivato le delocalizzazioni nell’est europeo,
dando origine a un numero sterminato di piccole imprese specializzate nella
cucitura in conto terzi, ma determinando una crisi irreversibile per le industrie
tessili e per gli stabilimenti a produzione integrata, molto diffusi nei paesi
ex-comunisti, che sfornavano capi finiti partendo dal filato.
Oggi, con l’ingresso progressivo nella UE dei paesi dell’est,
si pone il problema di una revisione dei meccanismi di scambio commerciale
ed è probabile che in futuro a restare sul mercato saranno solo poche,
grandi imprese di subfornitura. Fra le imprese committenti che si spartiscono
quest’area geografica sono segnalate le italiane Armani, Benetton, Diadora,
Hugo Boss (Valentino), Miroglio, Trussardi e una serie di altri marchi di
minor fama. La marcia delle griffes verso paesi con minori diritti e costo
del lavoro più basso prosegue intanto in direzione della Lituania,
dell’Ucraina, della Russia.
Leggi il documento
integrale con le schede paese
Rapporto Women’s
voices: the situation of women in the Eastern European and Turkish garment
industries
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L'altra metà dell'inferno
Angela Pascucci, il manifesto 13 Ottobre 2005
C'è un paese in cui la violenza domestica è il rischio più grande per la salute delle donne. Se avete puntato il dito su un'area del Terzo mondo, dovrete spostarlo, perché quel paese è l'Australia, fino a prova contraria arruolato nel team dei ricchi e «civili». In verità, questa notizia dovrebbe essere la prova contraria. Ma quando si tratta di violenza e discriminazione contro le donne, tutto il mondo è paese. Lo dice il rapporto annuale che il Population Fund dell'Onu stila ogni anno per dare conto dello Stato della popolazione del mondo. Miserevole, a quanto pare. Nel mondo, una donna su cinque è vittima di stupro o tentato stupro almeno una volta nella sua vita. Una donna su tre viene picchiata, costretta a fare sesso contro la sua volontà o seviziata in altro modo, solitamente da un membro della sua famiglia o un conoscente. In Australia, Canada, Israele, Sudafrica e Stati uniti, dal 40 al 70% delle donne vittime di omicidio sono state uccise dai propri partner. Una donna su quattro subisce abusi durante la gravidanza. Se il confronto può servire a comprendere meglio, tra la popolazione femminile di età compresa fra i 15 e i 44 anni la violenza miete lo stesso numero di vittime (che siano uccise o vengano ferite) del cancro.
Ogni anno, 529mila donne muoiono per cause legate alla gravidanza e al parto, per la maggior parte evitabili con una elementare prevenzione. I problemi sanitari legati alla riproduzione, Hiv/Aids inclusi, sono, nel mondo, la principale causa di morte e malattia fra le donne di età compresa fra i 15 e i 44 anni. Le donne costituiscono i due terzi degli 800 milioni di analfabeti del mondo. L'Onu lo chiama «Gender Apartheid» e afferma che costituisce l'ostacolo più grande all'eliminazione della povertà, di cui tanto si parla e si suona. E tuttavia, davanti a tanta violenza e disprezzo contro le donne, viene il dubbio che la povertà sia solo la ragione più semplice da nominare. E che l'altra metà del cielo sia diventata l'altra metà dell'inferno.2) Qual è la prima causa di morte per le donne? Antonella Marrone su Liberazione 29/10/05 Qual è secondo voi, nel mondo, la prima causa di morte per le donne? No. Qualunque sia stata la vostra intima risposta, sarà difficile che abbiate individuato quella giusta. Si tratta, della "violenza subita dal partner, marito, fidanzato o padre che sia". Nel mondo le donne tra i 16 e i 44 anni muoiono o restano permanentemente invalide grazie, potremmo dire, alle attenzioni degli uomini che le circondano. Lo dicono i dati forniti dal Consiglio d'Europa nell'ambito dell' "Osservatorio criminologico e multidisciplinare sulla violenza di genere", che dà assistenza alle vittime di violenza in Italia. Più ancora del cancro, più degli incidenti stradali, più della guerra, poté dunque l'amore, o meglio, per chiamare le cose con il loro nome, il possesso, quel malcelato senso di proprietà che fa dell'affetto un diritto di proprietà.
La violenza familiare da parte del proprio compagno lascia il segno nelle cifre: basti pensare, suggerisce Gabriella Paparazzo, responsabile formazione dell'associazione "Differenza Donna" - che in Russia, in un anno, sono morte 13 mila donne, il 75% delle quali uccise dal marito, mentre il conflitto Urss Afgahnistan nell'arco di dieci anni ha fatto circa 14 mila vittime. Molte ricerce e rapporti (dall'Unicef al più recente, quello di Amnesty International di maggio) ci avevano raccontato gli orrori che si consumano all'interno delle mura domestiche. Lo fanno anche le cronache quotidiane. Ma il dato che nella Unione Europea la prima causa (prima!) di morte delle donne è la violenza subita in famiglia, resta comunque inatteso, probabilmente inatteso per la nostra presunzione culturale, mentre, ci dice la ricerca, le cause vanno ricercate nelle radici patriarcali profonde e immarcescibili. Eccola la mite famiglia occidentale.
"Negli Usa ogni quattro minuti una donna viene violentata. In Svezia ogni dieci giorni una donna viene uccisa". E' questa la famiglia da proteggere dagli assalti esterni di laici e comunisti...
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Italia - THURAM, UN CAMPIONE DEL MONDO
CONTRO IL RAZZISMO
la Repubblica, 1 dicembre 2005, intervista a Lilian
Thuram
di Emanuele Gamba
Il 16 gennaio 2006 a Quarto Oggiaro (quartiere di periferia milanese) è
stato assegnato a Lilian Thuram, giocatore della Juventus e della nazionale
di calcio francese, il premio l’Altropallone (www.altropallone.it e www.otromundial.org),
L’Altropallone”, è un riconoscimento simbolico destinato
a coloro che , nel corso dell’anno, si sono distinti nel mondo dello
sport per azioni di solidarietà, tutela dell’infanzia e dell’adolescenza
in alternativa al pallone d’oro e contro il pallone duro.
Thuram è stato premiato per il suo impegno contro le discriminazioni
sociali e la difesa dei diritti umani.
Nato nel Dipartimento Francese d’Oltremare (cioè una colonia)
di Guadalupa, Thuram si è trasferito in Francia all’età
di 9 anni ed è cresciuto nelle periferie francesi. Campione del mondo
con la nazionale francese nel 1998 il giocatore juventino, già testimonial
di Amnesty per la campagna Control Arms, è da sempre in prima linea
contro il razzismo.
In qualità di membro dell’Alto Consiglio per l’Integrazione
(consulta istituzionale francese) prende posizione sui disordini delle banlieues
parigine contro coloro che pensano di risolvere i problemi con la repressione
anziché affrontarli con i giovani.
Lilian Thuram, lei è da dieci anni
in Italia ed è da sempre in prima linea nella lotta contro il razzismo:
servirà a qualcosa la ribellione di Zoro?
”Non lo so, è difficile lottare contro certe persone. Ed è
impossibile tappare la bocca a tutti”.
Ma è facile, purtroppo, gridarvi “buuu” solo perché
siete neri.
”Oltre al razzismo, mi deprime la mancanza di rispetto nei confronti
dell’altro, qualsiasi tipo di altro. Questa gente non capisce che, a
volte, l’altro sono loro: e allora come la mettono? Ma è gente
che faccio anche fatica a definire”.
Ci vuole provare?
”Stupidi no, mi sembra riduttivo. Ignoranti, forse, anche se credo che
siano perfettamente consapevoli di ciò che fanno. Il problema di base
è la cultura, è l’educazione. Quindi è un problema
sociale”.
Un problema di cattivi maestri?
”Sì, perché manca l’educazione al rispetto. Cosa
significa urlare “buuu”?”.
Che un nero vale una scimmia, giusto?
”Giusto, e questo perché ci insegnarono che i neri non erano
uomini, ma animali. Era l’unico modo per giustificare la tratta degli
schiavi. Ora, invece, il potere gestisce l’ordine attraverso la paura”.
La paura?
"Dopo l'11 settembre, una persona qualsiasi con un filo di barba e la
carnagione leggermente scura viene guardata con sospetto. La gente ha paura,
così il potere può offrire ciò che la gente chiede: sicurezza.
E in nome della sicurezza si è autorizzati a fare qualsiasi cosa. Si
insegnasse il rispetto, anziché il sospetto, il mondo andrebbe diversamente.
Ma vedo che i cattivi maestri proliferano".
A chi si riferisce?
"Ho letto sul giornale che un cardinale importante ha sconsigliato matrimoni
fra persone di religione diversa, di cattolici con musulmani. Ma che razza
di ragionamento è? Mi sembra esista un comandamento che invita ad amare
il prossimo come noi stessi. Mi piacerebbe sapere come, secondo il cardinale,
Gesù valutava il prossimo. Si rende conto di quanto siano pericolose,
quelle parole?".
Pericolose quanto?
"Quei quattro cretini, o ignoranti, che hanno urlato quelle cose a Zoro
non hanno contagiato il resto dello stadio, perché la maggioranza non
condivide certi atteggiamenti. Ma il discorso di quel cardinale sì
che può contagiare, condizionare, convincere".
Quindi ciò che ha detto Ruini l'ha proprio colpita?
"Sono parole che portano alla divisione, non all'unione. E così
continueremo a guardarci di traverso. Lo vedete che si ritorna sempre alla
base, cioè all'insegnamento e all'educazione? Ma se l'insegnamento
è quello, non si può pretendere altro che non sia l'intolleranza".
Questa settimana, le partite cominceranno con cinque minuti di ritardo:
basta, serve?
"Non basta ma serve, perché la Figc ha preso una posizione contro
il razzismo. Il problema è che la soluzione non la conosco nemmeno
io. Ma sono meglio cinque minuti di niente".
Lei è stato spesso vittima di episodi razzisti?
"I soliti cori, ma ormai non ci faccio caso. Per fortuna sono arrivato
in Francia da francese, anche se ero francese d'oltremare, e questo mi ha
aiutato: conoscevo già la lingua e la cultura, due elementi fondamentali.
Ma volete che ve ne racconti una?".
L'ultima che le è capitata?
"Sì. L'altra settimana ero a Parigi. Vado al ristorante, chiedo
di entrare perché avevo un appuntamento con una persona ma un responsabile
mi guarda storto e comincia a farmi mille domande: chi è lei, cosa
vuole, chi deve vedere?".
Poi?
"Poi un paio di buttafuori mi riconoscono, ma io chiedo loro di fare
finta di nulla. Volevo capire perché c'era quel sospetto nei miei confronti,
e fin dove voleva arrivare quel tipo. Fatto sta che alla fine, dopo lunghe
discussioni, mi lascia entrare. Sono andato al mio tavolo, ma non ho resistito
e me ne sono andato".
Perché?
"Perché mi è rimasto il dubbio che quell'atteggiamento
ostile dipendesse dal colore della mia pelle. Ed è bruttissimo convivere
con quel dubbio, è assurdo. Quel che è peggio, è che
per altri non è solo un dubbio, ma una certezza. Ma poi la serata è
proseguita".
Come?
"Ho cambiato locale ed è esplosa una rissa tra un altro buttafuori
e una persona con i tratti arabi. Non volevano farlo entrare, lui si è
ribellato, si sono alzate le mani. E tutti dicevano: visto?, gli arabi sono
violenti. Ma io mi chiedo: e non è violenza umiliare una persona solo
perché ha tratti somatici che noi associamo, sbagliando, a qualcosa
di pericoloso?".
E la violenza delle banlieues?
"Ecco un'altra cosa che vorrei che si dicesse: i casseurs si sono
comportati da delinquenti, hanno sbagliato. Ma erano delinquenti francesi
a tutti gli effetti, cittadini francesi da generazioni. Per l'opinione pubblica,
invece, erano 'solo' africani. Africani di cui avere paura, naturalmente".
Non crede che gli emigrati sbaglino a ricreare i loro clan, quando vengono
in Europa?
"Ma questo è naturale, fisiologico. Se un italiano incontra un
italiano all'estero, fraternizza. È una questione di affinità,
di cultura, di lingua. A volte, per esempio, i miei compagni di squadra ci
fanno delle battute: Lilian, ma voi stranieri fate sempre gruppo. E io rispondo:
e voi no? Solo perché voi siete quindici e noi cinque il vostro non
è un gruppo?
È il gruppo più ampio che dovrebbe aprirsi per ospitare quello
più piccolo, ma questo non è successo e l'integrazione non c'è
stata, per quanto nelle banlieues ci siano ragazzi che non hanno mai visto
l'Africa ma che tuttavia non vengono considerati francesi. E poi c'è
un altro problema".
Quale?
"Che nessuno ha mai capito che chi emigra non lo fa per nessun altro
motivo che non sia cercare di essere felice. Si lascia il proprio paese perché
non si trova da lavorare, da mangiare, da vivere, le stesse cose che cercavano
gli italiani quando emigravano in America. Ma il mondo occidentale non ha
mai trovato spazio per questa gente. D'altronde, i politici hanno sempre e
solo fatto gli interessi dei ricchi".
Lei ha due figli, uno si chiama Chefren. Perché?
"Gli ho dato il nome di un faraone perché voglio che la gente
sappia che anche l'Africa ha una storia, una cultura, un passato, mentre per
molti l'Africa è cominciata soltanto quando gli schiavi sono stati
caricati sulle navi. Là è nato il genere umano, ma non voglio
andare così lontano. Vorrei solo che ci si ricordasse che l'antico
Egitto è sempre stato in Africa e che il popolo che creò quella
straordinaria civiltà ha la pelle scura. Chissà quanti lo sanno".
Sarkozy lo saprà?
"Gli ho già risposto, del resto io sono cresciuto in mezzo a quello
che lui chiama feccia. Ma ho visto che anche lui ha detto cose molto interessanti,
l'altro giorno: se l'è presa con l'Italia e la Spagna che hanno accolto
troppi stranieri. Anche queste sono parole pericolose, come è pericoloso
qualsiasi pregiudizio".
Anche religioso?
"Anche. Qualche tempo fa, ho dato l'elemosina a un mendicante, e lui
mi ha chiesto se ero musulmano. Mi sono offeso, volevo quasi riprendermi i
soldi, gli ho detto: amico, cosa c'entra cosa io sono? Io sono un uomo, come
te. Tutto il resto non conta".
È sospettoso anche nei confronti della chiesa?
"Ho il sospetto che le religioni, qualsiasi religione, siano prima di
tutto un centro di potere. Ma era così anche nel Medioevo, se non sbaglio.
Credo che tutti gli uomini del mondo vorrebbero vivere felici con le proprie
famiglie ma il potere, politico o religioso che sia, punta a condizionare
le menti con un unico obiettivo: controllare le persone"
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Iran
Citazioni tratte da "Rassegna stampa su donne e diritti umani " agosto.settembre 2005
Il nuovo Ministro della Giustizia chiede più severità verso le donne. Fonte: Iran Focus, 20 agosto 2005. L'uomo della "linea dura" contro le donne è il nuovo Ministro della Giustizia designato dal Presidente Mahmoud Ahmadinejad. Il Ministro Jamal Karimi-Rad ha infatti dichiarato alla stampa sabato scorso che le donne "impropriamente velate" saranno trattate come se non indossassero per nulla il velo. "Non c'è differenza.", ha sostenuto il Ministro, "Quando è chiaro dall'apparenza di una donna che ella sta violando la legge, il crimine è ovvio e le forze dell'ordine prendono misure legali contro di lei. Crimini come l'essere velate impropriamente o altri atti proibiti, se accadono sotto gli occhi di tutori dell'ordine sono violazioni evidenti che vanno trattate secondo la legge." Karimi-Rad ha anche chiarito senz'ombra di dubbio che il gruppo paramilitare Bassij e le squadre di "polizia privata" come il gruppo Ansar-e Hizbollah vanno considerati a tutti gli effetti come "tutori dell'ordine". Dall'elezione del nuovo Presidente iraniano, in giugno, la repressione contro le donne è nettamente peggiorata: l'ondata di arresti viene motivata con la lotta al "vizio sociale" e l'accusa alle donne di "non rispetto delle virtù islamiche" e di indossare "vesti repulsive ed immorali". Il bersaglio privilegiato dei gruppi paramilitari e delle polizie private sono le giovani donne. La lotta al "vizio sociale" preannuncia anche la chiusura di tutti i "negozi e luoghi pubblici ove vengano ignorati i valori islamici". Apartheid di genere. Fonte: Agenzia IRNA, 3 settembre 2005 Il supremo leader religioso iraniano, Ali Khamenei, ha spiegato perché le donne del suo paese non possono avere diritto ad un'attività politica e sociale. "Gli uomini sono fatti per le arene economiche e finanziarie, le donne, invece, hanno preoccupazioni. Devono mettere al mondo i bambini ed allattarli. Inoltre, sono troppo deboli fisicamente, psicologicamente ed emotivamente. Non c'è un campo economico o finanziario in cui possano entrare. Le restrizioni per le donne sono dovute al fatto che esse non possono tollerare alcuna interazione sociale. Gli uomini non hanno queste limitazioni. E' perciò che vanno conferiti privilegi agli uomini in tali campi, perché gli uomini sono forti." A che ora fare l'amore. Fonte: Aftab State News Agency, 3 settembre 2005 Ad un congresso di alti funzionari della sanità pubblica e medici, un Ministro del gabinetto del Presidente Ahmadinejad ha sostenuto che l'accoppiamento fra coniugi dovrebbe avvenire in determinate ore della giornata per minimizzare la possibilità di concepire bambini con disabilità. Il Ministro è convinto che questo sia in accordo con la "sharia" (legge islamica). Nel suo discorso ha suggerito di dare priorità alla prevenzione delle malattie osservando i versetti del Corano: se ciò fosse fatto, ha aggiunto, gli handicap sarebbero di certo prevenuti. Vi erano anche alcune donne fra i partecipanti all'incontro, ma pare che il disagio fosse generalizzato. Il Ministro ha un diploma liceale in matematica, ed una laurea in ingegneria. La frusta subito. Fonte: Iran Focus, 6 settembre 2005 Le donne che violino il codice d'abbigliamento islamico saranno immediatamente frustate, secondo l'annuncio dei giudici responsabili dei tribunali provinciali, rilasciato alla stampa martedì scorso. Nella città di Shahin-Shahr, il tribunale si è premurato di affiggere manifesti murali e annunci sulle vetrine dei negozi, per avvisare le donne che le violatrici del codice d'abbigliamento appariranno immediatamente in giudizio ("non dovranno fare la fila", è scritto letteralmente nel testo) e che la sentenza usuale prevista è di 100 frustate in pubblico. Il giudice chiederà sempre questa pena massima, recitano i manifesti. Le proibizioni comprendono: "Sciarpe che non coprano completamente la testa ed il collo; cappotti stretti o cappotti che non coprano le ginocchia; maniche che si arrestino prima del polso; pantaloni stretti o che non coprano il polpaccio; cosmetici." La ragione del male. Fonte: Jomhouri Islami State-Run News Paper, 6 settembre 2005. Il quotidiano più letto in Iran, di proprietà del Mullah Khamenei, ha pubblicato un articolo dal titolo "La ragione principale della corruzione sociale e di tutti i malanni". I soggetti dell'articolo sono donne e ragazze iraniane, la tesi di fondo che è necessaria una forte azione disciplinare per normare i loro atti. "Il principale problema della nostra società oggi," recita il testo, "sono le sporche e negligenti donne e ragazze che si fanno problemi dell'essere velate, recandoci costante sconcerto, e naturalmente anche le prostitute, che sono una fonte di problemi sulle strade. I misfatti che accadono, di donne assalite, non accadono alle donne giuste che sono velate in accordo con le leggi islamiche, e che mantengono comportamenti decenti e rispettabili. Le donne che non sono velate in modo appropriato, e che indossano vesti sgargianti stanno cercando di essere molestate e aggredite. Perciò sono queste donne e ragazze la vera causa di tali azioni, ed è da loro che bisogna cominciare." Niente chaperon, niente ristorante. Fonte: Hambstegi Meli Website, 8 settembre 2005 Le nuove leggi concernenti la sicurezza dei luoghi pubblici stabiliscono che una donna debba avere un assistente maschio per poter dirigere un luogo di ristoro (ristorante, sala da tè, eccetera). Qualunque donna intraprenda il percorso per ottenere la licenza (non saranno fatte eccezioni), ha spiegato il presidente dell'associazione dei proprietari Mohammad Hossein Armin, oltre a produrre tutta la documentazione necessaria e a passare con successo le tappe dell'iter amministrativo, dovrà produrre un uomo che abbia la funzione di "dirigente" per l'esercizio pubblico di sua proprietà. Manifestazione a New York. Fonte: Iran Focus, 15 settembre 2005 Migliaia di iraniani hanno manifestato il 14.9.2005 a New York per protestare contro la presenza del nuovo presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, all'ONU. La dimostrazione ha contato fra i 15.000 ed i 20.000 partecipanti. I dimostranti hanno spiegato che Ahmadinejad rappresenta un regime che da 26 anni viola sistematicamente i diritti umani delle donne, e che alla sua elezione è immediatamente seguito un "giro di vite" contro i curdi iraniani con arresti e 53 esecuzioni capitali per impiccagione (fra cui donne e minori). Le aderenti all'ong "Voices of women against fundamentalism in Iran" (Voci di donne contro il fondamentalismo in Iran) hanno detto al proposito: "Possiamo solo meravigliarci che l'ONU ospiti un simile individuo che non esitiamo a definire criminale, nel mentre sostiene gli ideali della Dichiarazione Universale dei diritti umani e della Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione verso le donne. Circa 170 leader mondiali si sono incontrati, e ancora nessuna parola è stata detta sulla violenza continua contro le donne in Iran, e nessuno ha menzionato il record che Ahmadinejad ha raggiunto nell'assassinio di prigionieri politici." I diplomatici riuniti hanno scelto il silenzio, ma per contro la manifestazione è stata molto rumorosa. Fra gli slogan più usati dai partecipanti: "Ahamdinejad è un terrorista, abbasso il terrorismo" e "Siamo uniti contro il terrore dei Mullah".
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ITALIA / CPT: il costo dei lager
Luca Fazio - Il manifesto - 10 Luglio 2005
Carcere vuol dire soldi. Tanti soldi. Per costruire le strutture, per la fornitura dei materiali, per la pulizia, per i pasti e per la gestione quotidiana. E l'industria della sicurezza ormai ha già messo gli occhi sul cliente e sulle strutture oggi più redditizie: i migranti in via di espulsione e i centri di detenzione per trattenerli. In Inghilterra sono quasi tutti gestiti da privati, da 250 detenuti nel 1993 si è passati ai 2600 di oggi, e un migrante in via di espulsione costa allo stato mediamente il doppio di un detenuto in un carcere normale. Il mercato si sta orientando nella stessa direzione in tutta Europa. In Italia è stato calcolato che un «ospite» di un centro di permanenza temporanea costa da 70 a 100 euro al giorno (considerato che nel 2004 il tempo medio di detenzione è stato di 26 giorni, si arriva a spendere 2.600 euro per detenuto, con punte massime fino a 6.000 euro). Come un soggiorno in un albergo dignitoso. E non deve meravigliare il fatto che il Cpt di Modena, costruito ex novo con una spesa di 22 miliardi di lire, è stato affidato alla sezione locale della Confraternita delle Misericordie d'Italia, gestita dal fratello del ministro Giovanardi. Siamo in Italia, e la famiglia è un valore che non si discute.
Ma quanto costano i Cpt? Una enormità, se consideriamo la loro sostanziale inefficacia. Basta leggere il rapporto della Corte dei Conti illustrato dai consiglieri Valeria Chiarotti e Sonia Martelli - Gestione delle risorse previste in connessione con il fenomeno dell'immigrazione . La spesa per la gestione dei 15 Cpt esistenti - per una capienza complessiva di 1.983 posti - nei primi nove mesi del 2004 è stata di 30.440.753,00 (circa 40 milioni di euro all'anno). Cifra che sulla carta sarebbe destinata a crescere perché il ministero dell'Interno ha annunciato la costruzione di nuovi Cpt per altri 692 posti. In realtà il governo aveva preventivato la realizzazione di altri 10 Cpt entro il 2004 per ulteriori 2.400 posti (ma non aveva previsto le forti resistenze dei cittadini e dei politici locali). Complessivamente, considerando anche la costruzione e l'adattamento degli immobili e non solo la gestione, lo stanziamento per i Cpt è stato di 80 milioni e 100.000 euro nel 2003 e di 45 milioni e 90.000 mila euro nel 2004. Parte di questo denaro va a finire nelle casse degli enti convenzionati che gestiscono i Cpt in maniera poco trasparente (Misericordie e Croce Rossa Italiana ne gestiscono rispettivamente tre e quattro). A voler ben guardare le differenze di prezzi praticati nelle varie strutture, ci sarebbe di che indagare, magari solo per razionalizzare le spese. Confrontiamo per esempio due Cpt che dichiarano una presenza media di stranieri pressocché identica, quello di Milano (140 persone, gestite dalla Croce rossa italiana. ) e quello di Brindisi (144 persone, gestite dalla Onlus Fiamme d'Argento formata da ex carabinieri in pensione): nel primo il costo per detenuto è di 75,02 euro al giorno (contratto da 7 milioni 246 mila euro all'anno), nel secondo 26,70 euro (contratto da 2 milioni 460 mila euro).
La Cri che custodisce i 240 migranti nel Cpt di Roma spende 34,66 euro per detenuto (la metà rispetto a Milano, anche se bisogna aggiungere 7,61 euro per i buoni mensa). Piuttosto caro anche il Cpt di Torino gestito sempre dalla Cri (73,50 euro per «ospite»), ma il record spetta al Cpt modenese gestito dal fratello di Giovanardi, dove il costo medio per detenuto va da 69,50 fino a 99,29 euro. Ma, violazione dei diritti umani a parte, sono almeno soldi spesi bene? Insomma, i Cpt costano ma funzionano? La risposta è no, ma nessuno lo ammetterà mai. Perché qualche decina di milioni di euro sprecati ogni anno sono il prezzo da pagare per accreditarsi come il governo che fa sua la battaglia contro l'immigrazione clandestina. Nel corso del 2003 sono state trattenute nei Cpt 14.223 persone, una cifra irrisoria considerati i numeri effettivi dell'immigrazione cosiddetta clandestina, tanto più che solo 6.830 persone sono state effettivamente rimpatriate dai Cpt (48%): 4.271 sono state liberate per decorrenza dei termini, 1.920 per altre cause e 225 sono riuscite a fuggire. Un fallimento. Incrociando i dati, inoltre, si nota che circa l'80% delle espulsioni del 2003 e il 72% di quelle effettuate nei primi nove mesi del 2004 avviene nei primi 30 giorni di permanenza, quindi l'allungamento della detenzione a due mesi stabilito dalla Bossi-Fini va interpretato solo in chiave punitiva (e come un costo inutile). Va considerato anche un altro capitolo di spesa, le espulsioni vere e proprie: nel 2003 per il rimpatrio sono stati spesi 12 milioni 765.754 euro. Considerati i 18.844 espulsi con accompagnamento alla frontiera (solo 6.830 sono passati dai Cpt), ogni singolo viaggio è costato 677 euro. Speriamo che il centrosinistra, oltre a fare propria la battaglia contro l'immigrazione clandestina, sappia anche far di conto. Anche perché, se davvero è con i Cpt che si intende combattere la clandestinità, bisognerà avere il coraggio - e il portafoglio - per costruirne molti di più.
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“ MIRACOLO ALLA SCALA”
Film documentario interpretato dai rom milanesi sulla vita degli emigranti e delle nuove povertà. L'integrazione è possibile: dai campi nomadi alla Scala, la storia di una piccola zingarella rom, della favela di via Barzaghi, che sogna di ballare ne "Il lago dei Cigni".
A mezza strada fra il reportage e un film neorealista “Miracolo alla Scala” è uno spaccato sulla vita dei rom milanesi sempre in bilico fra integrazione e marginalità sociale.
Fonte: lista Ecumenici http://ecumenici.altervista.org su segnalazione dell'Associazione AVEN AMENTZA – Unione Rom e Scinti - onlus
Nella scuola dell'obbligo "Walter Tobagi " alla periferia di Milano l'insegnante di lettere si accorge che Loredana, una piccola rom di 12 anni, invece di fare i compiti suona e balla sulla linea rossa della metropolitana, e chiede l'elemosina. Sogna però di diventare una ballerina di flamenco. Il consiglio di classe svolge così una inchiesta sul "campo" ( si reca per strada intervistare i passanti) e poi assegna a Loredana il tema: " raccontaci la tua famiglia rom". Così Loredana va a "casa" ( una roulotte nella baraccopoli di via Barzaghi ) e racconta ai suoi compagni di classe la sua vita. Il director, il padre di Loredana, ogni giorno l'accompagna sotto il Metro e lì, mentre suo padre e suo fratello suonano il violino, Loredana chiede la carità. Ma la sua famiglia è composta da musicisti. E Loredana così si rivolge alla "Bella Madunina" ( "O mia bela madunina" è il pezzo di Giovanni D'Anzi che suonano tutti gli zingari) e chiede un po' di successo per suo padre. E per lei, la possibilità di diventare una ballerina di flamenco, la "Madunina d'oro " invocata sui tram dagli zingari e da Loredana così scende dal Duomo e guarda sui campi nomadi. E avviene il miracolo, Una tv locale lancia una grottesca ma poetica "Rom Parade" e i vari musicisti di strada che suonano sotto il metrò e sui tram vengono trasformati in improbabili star da hit parade: un produttore discografico nota il padre di Loredana e lo lancia verso il successo.
Nasce un complesso musicale interamente rom, gli Unza, Il gruppo musicale dei rom, composto dal padre di Loredana, dai tanti suonatori e da sua zia, Maria, ha un certo successo ma al ritorno da un concerto gli Unza trovano parte della loro baraccopoli sgomberata dalla polizia. In quella notte disperata è pure nato un bambino a Maria, la cantante rom del gruppo. Lei è ora senza casa e la madre è costretta a cantare sui tram allattando il suo bambino. Loredana e tutti gli zingari invocano ancora la "Bella Madunina" affinchè trovi una casa vera a Maria e al neonato: e così la Bella Madunina visita di persona, questa volta, l'accampamento dei rom e parla a Loredana. Ovviamente si tratta di una madonnina mora e mediterranea, e non bionda .. che promette però un miracolo. Così almeno scrive Loredana nel suo diario. Sì, c'è posto anche per i musicisti rom nella città della Scala, le dice la Madonnina. Sono le tv locali ad annunciare il"miracolo": è tanto il gradimento dei pendolari sui metro e sui tram , allietati dalla musica dei rom, che le frequenze dei passeggeri sui mezzi sono aumentate clamorosamente, i milanesi lasciano a casa l'auto, usano i mezzi, e così la vendita dei biglietti è salita : il bilancio della Azienda dei trasporti, prima in crisi, è ora in salvo. Il merito è dei musicisti rom che attirano i viaggiatori milanesi. La musica rom sui mezzi è trendy. Sono così alti gli incassi che il sindaco promette di stornare parte di questi nuovi introiti per la costruzione di case popolari. Anzi, il sindaco, grato per il risanamento dei deficit, assegna un primo alloggio proprio a Maria a suo marito , il fisarmonicista Lucan e al loro figlioletto. Naturalmente questo è stato un sogno, quello di una bambina di 12 anni,raccontato in un compito in classe. Ma la maestra si accorge che Loredana ha un temperamento d'artista, e consegna il diario al preside della scuola che lo legge pieno di interesse. Apprende così che nell'ultimo anno i membri fondatori del gruppo Unza intanto si è disperso. Qualcuno è tornato in Romania, altri sono andati al sud a raccogliere pomodori. A George , uno dei protagonisti del gruppo, hanno rubato perfino la tromba e ora fa il muratore.
Il preside chiude il diario di Loredana: ha un'idea: telefona a una sua ex allieva, che è diventata ballerina alla Scala: una certa Rossella che offre gratis un corso di flamenco a Loredana, nella sua nuova scuola di danze mediterranee. TV e giornali si precipitano sulla notizia, e Loredana viene seguita Da tv e fotoreporter passo passo: la vediamo davanti alla Scala e poi a scuola di danza, dove balla con le altre allieve. Loredana è ora una piccola star mediatica. Anche molti musicisti si accorgono del campo nomadi dove vive Loredana, e promettono una scrittura a Otello (lo zio di Loredana) per una Aida in provincia: ma alla vigilia del debutto, l'impresario scappa con la cassa. Il Preside visita il campo, e lo trova pieno di topi. Ma una tv locale improvvisa una diretta nel campo, per intervistare Loredana: e diversi uomini politici si accorgono delle condizioni igieniche disagiate e si recano al campo nomadi, sotto i riflettori della diretta Tv: gli zingari promettono di pulire il campo dai rifiuti, e di mandare a scuola i bambini, e in cambio le istituzioni ristruttureranno il campo con servizi igienici. E' il primo passo per un vero dialogo tra città e campi nomadi. Otello così si sposa (ha trovato un posto da muratore) e invita tutti alla sua festa.
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USA / MINORENNI IN CARCERE
Almeno 2225 minorenni stanno scontando l'ergastolo negli Stati Uniti d'America.
Troppo giovani per fumare, bere alcool, guidare l'automobile ma, soprattutto se neri,
abbastanza adulti per essere condannati all'ergastolo.
Gennaro Carotenuto, Lista Diritti Globali, 18/10/2005
Secondo la denuncia di Amnistia Internazionale e Human Rights Watch, nelle galere degli Stati Uniti in questo momento sono imprigionate almeno 2225 persone che stanno scontando la pena dell'ergastolo per reati commessi da minorenni ed il 16% di questi sta scontando la pena per reati commessi a meno di 15 anni di età. In almeno sei casi sono stati condannati all'ergastolo minori di 13 anni al momento del crimine.
Gli Stati Uniti sono, insieme alla Somalia, l'unico paese al mondo che ha rifiutato di ratificare la convenzione internazionale sui diritti del bambino. Su 50 stati della federazione sono 42 quelli che prevedono l'ergastolo per i minori. Nell'ultimo decennio è più che raddoppiato il ricorso a questa pena. "I giudici -dichiara William Schulz di Amnistia Internazionale- hanno mano libera per convertire i tribunali in catene di montaggio di ergastoli senza tenere in nessun conto le possibilità di recupero di un minore e privandoli di ogni speranza di redenzione". Amnistia Internazionale rileva come la cultura giuridica statunitense -che vede la pena sempre come afflittiva e mai come forma di espiazione e recupero- sia specialmente inaccettabile nel caso di minorenni per i quali la pena dovrebbe sempre essere finalizzata al recupero. Se il 93% dei minori condannati all'ergastolo è accusato di omicidio, uno su quattro è condannato per "omicidio preterintenzionale" o per aver partecipato in delitti nei quali altri hanno commesso omicidi. Amnistia segnala il caso di Peter, di 15 anni, condannato all'ergastolo per avere rubato l'auto con la quale due maggiorenni sarebbero poi andati a commettere una rapina nella quale due persone risultarono uccise. Anche se Peter non toccò mai un'arma da fuoco, il furto dell'auto usata per commettere un omicidio è stato sufficiente per la condanna all'ergastolo. La durezza della condanna è direttamente in relazione con il colore della pelle. A parità di reato i minori neri hanno 10 volte più possibilità dei bianchi di essere condannati all'ergastolo e in California questo valore sale ancora fino a 22,5 volte. Sono appena 13 i paesi al mondo che permettono la condanna all'ergastolo di monorenni, ma in tutto il pianeta, al di fuori degli Stati Uniti, esistono appena 12 altri casi di minori che stanno scontando la pena dell'ergastolo. Gli altri 2225, il 99,6%, stanno scontando l'ergastolo nel paese della statua della libertà. Nonostante questa notizia sia stata battuta dall'ANSA da 24 ore al momento della pubblicazione di questo articolo non risulta che (salvo un paio di siti Internet) vi siano media italiani che si siano preoccupati di riprenderla.
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Il prossimo controllo sul tuo computer
Le multinazionali dell'informatica all'attacco, le nostre liberta' in pericolo. Chiunque controlli il chip TCPA acquisira' una immensa quantita' di potere. Negli USA il modello TCPA sta diventando uno standard "obbligatorio". Per tutelare le nostre liberta' e per un'informatica intesa come scienza al servizio di tutti e' necessario sensibilizzare la collettività e boicottare i dispositivi che incorporano la tecnologia TCPA
Alessandro Pagano, 29 ottobre 2005; PeaceLink
http://italy.peacelink.org/editoriale/articles/art_13148.html
Lo sviluppo tecnologico contraddistingue i nostri giorni, alcune scoperte hanno decisamente cambiato il nostro stile di vita. In genere si è portati a pensare che qualsiasi innovazione sia positiva e porti ad un vantaggio collettivo; a volte però gli interessi della collettività e della scienza si scontrano con gli interessi delle multinazionali e con le stringenti logiche commerciali. Da anni, ad esempio, l'informatica subisce passivamente l'influenza del mercato, ed è trasformata in marketing e business, ignorando gli interessi comuni e lo sviluppo della scienza. Ultimo abuso di potere delle multinazionali del software e dell'hardware è l'implementazione a loro esclusivo vantaggio, della tecnologia TCPA - PALLADIUM. L'idea originaria di tale tecnologia, era quella di rendere i nostri dispositivi elettronici, sicuri e affidabili, garantendo all'utente ampia libertà di scelta delle politiche attraverso le quali filtrare il software maligno e fare in modo che questo non intacchi minimamente il nostro sistema. L'accordo trovato tra le case produttrici di hardware e di software, nega all'utente la libertà di scelta. Lo sviluppo della tecnologia TCPA - Palladium, prevede che siano le multinazionali a decidere, sostituendosi all'utente, cosa è giusto installare nel sistema e cosa scartare a priori. TCPA è una iniziativa promossa da Intel con lo scopo di realizzare "una nuova piattaforma informatica in grado di fornire un aumento della sicurezza nei Personal Computer per il nuovo millennio". Palladium è un software che Microsoft ha intenzione di incorporare nelle future versioni di Windows; sarà costruito sull'hardware TCPA. La funzione principale di questo sistema è fornire una piattaforma informatica che non permetta di modificare i programmi utilizzati dall'utente. Tali applicazioni, inoltre, saranno in grado di comunicare in modo sicuro col produttore. L'obiettivo più immediato è quello di gestire il copyright su beni digitali. In questo modo si eliminerebbe in modo radicale la pirateria, ma si darebbe un potere troppo ampio alle case produttrici di software che potrebbero decidere di non far funzionare i documenti creati con il loro prodotto, una volta scaduta la licenza. Ma allora di chi sono i documenti che ho creato? Sembra siano della Software house proprietaria del programma che hai usato per crearli, e che siano sottoposti alla stessa licenza di tale software. Tante applicazioni di questa tecnologia possono avere risvolti positivi: i governi potranno far si che tutti i documenti Word creati sui PC dell'amministrazione, siano classificati come "riservati" e non possano essere trasmessi elettronicamente. I siti d'aste potrebbero forzare gli utenti ad utilizzare software considerato sicuro per le offerte, in modo da impedire offerte "tattiche" durante l'asta. D'altro canto, esisterà una censura telecomandata: il meccanismo pensato per eliminare la musica piratata in remoto da parte del produttore dimostra che i dati sui nostri PC, sarebbero perennemente sotto stretto controllo e non potremmo far nulla per impedirlo (ciò potrebbe riguardare qualsiasi file). Le Aziende di Software potranno, inoltre, rendere molto più difficile il passaggio ad un prodotto concorrente permettendo la lettura dei files esclusivamente con il proprio software. E' a discrezione di un'applicazione definire le politiche di sicurezza per i propri file e c'è da aspettarsi che Microsoft metta in atto ogni tipo di accortezza per aggiudicarsi i vantaggi offerti da questo nuovo potenziale mercato (per esempio, sarà possibile ottenere CD ad un terzo del prezzo ma che si potranno ascoltare solo 3 volte; pagando i rimanenti due terzi si otterranno i diritti completi... ma la fantasia in questo campo non ha limiti). Con l'instaurarsi di questa tecnologia, sarebbe più difficile sfuggire al sistema, e nascerebbe un mercato molto attraente per le imprese orientate al profitto sfrenato. Ulteriori applicazioni del TCPA sono previste nei sistemi di pagamento attraverso carte di credito. La presunta sicurezza nelle transazioni e l'immediatezza del pagamento, potrà indurre la tentazione di far pagare ogni genere di bene, anche quelli da sempre ritenuti liberi all'utilizzazione, si può pensare ad esempio ad una tariffazione al minuto o a pagina per la consultazione di documenti o libri online (un po' quello che è successo con l'acqua potrebbe succedere con le informazioni). Gli effetti per la collettività sarebbero preoccupanti: la tecnologia TCPA-PALLADIUM includerà sistemi analoghi a quelli sviluppati dalle imprese di sicurezza, queste ultime, entreranno in crisi poichè il loro prodotto sarà incluso nell'hardware e nel software (senza possibilità di scegliere autonomamente quale software installare). La questione fondamentale è che chiunque controlli il chip TCPA acquisirà una immensa quantità di potere. Disporre di un singolo punto di controllo è come far si che ciascuno debba utilizzare la stessa banca, lo stesso commercialista, lo stesso avvocato. Esistono innumerevoli vie attraverso cui si può perpetrare l'abuso di questo potere. Una delle più forti preoccupazioni è la censura e la libera circolazione dei files di proprietà. Tutto ciò è un male già piuttosto grave di per sè, ma l'abuso potenziale si estende molto oltre questioni di prepotenze commerciali e battaglie economiche e giunge fino a comprendere la censura politica. Le implicazioni per la libertà, la democrazia e la giustizia sarebbero preoccupanti. Come detto, l'economia ha un ruolo determinante nell'affermazione di questa tecnologia: i maggiori profitti andrebbero alle aziende in grado di gestire anche i mercati di prodotti complementari a quelli principali, a discapito delle imprese concorrenti (es. telefoni cellulari che controllano l'originalità della batteria impedendo all'utente di usare prodotti di concorrenza). La ricchezza potrebbe spostarsi ulteriormente e pericolosamente dai più piccoli ai più grandi. Questo potrà significare una crescita nel mercato dei capitali di imprese come Intel, Microsoft e IBM, ma a spese della innovazione e della crescita generale. Concedere a chi ha il predominio nuovi strumenti per rendere la vita più dura a chi cerca di sviluppare nuovi utilizzi, potrebbe creare ogni tipo di trappole e di incentivi perversi (il discorso si estende anche alle grandi software house che beneficieranno di un maggior numero di entrate collaterali). Poichè la maggior crescita occupazionale avviene nell'ambito delle piccole e medie aziende, questo può avere conseguenze disastrose sul mercato del lavoro. Potrebbero generarsi molte situazioni in cui gli attuali processi economici collassino secondo modalità che permetteranno ai detentori del copyright di generare nuove rendite. Ci sono molti altri temi legati alla politica: la trasparenza nell'elaborare dati personali, preservata da una direttiva UE sulla protezione dei dati; la questione della sovranità; oppure se le normative sul copyright debbano essere redatte dai governi nazionali (come è ora), o da una potente software house americana; e se la gente si senta tranquilla con la prospettiva di avere i propri PC gestiti, in effetti, via controllo remoto; controllo che può essere fatto proprio da tribunali, agenzie investigative senza nessun avviso personale. Negli USA il modello TCPA sta diventando uno standard "obbligatorio", e si sa che per quanto riguarda la tecnologia e l'hardware, il mercato principale è quello statunitense che influenza in maniera determinante tutti gli altri mercati collegati. Possiamo sperare che la legislazione europea combatta il TCPA, ma inevitabilmente ne subiremmo gli effetti traslati dalle economie americane. Per evitare la limitazione delle nostre libertà e per dare un futuro all'informatica intesa come scienza al servizio di tutti, e non come bene materiale sottoposto alle leggi del mercato, è necessario sensibilizzare la collettività, boicottare i dispositivi che già implementano la tecnologia TCPA. E' stata indetta una petizione destinata alla Comunità Europea
http://www.dataretentionisnosolution.com/index.php?lang=it con la speranza che un po' di ostruzionismo del vecchio continente, verso il gigante americano possa rallentare l'implementazione di questa tecnologia. Tutti coloro che utilizzano dispositivi elettronici (PC ma anche cellulari, lettori dvd, televisori, stereo ecc...) dovrebbero avere a cuore la salvaguardia delle proprie libertà personali: non lasciamo che calpestino i nostri diritti!
Note:
Altri riferimenti & Webliografia:
http://www.againsttcpa.com/tcpa-hardware.html [http://www.againsttcpa.com/tcpa-hardware.html] (Lista prodotti da boicottare)
http://www.againsttcpa.com/index.shtml [http://www.againsttcpa.com/index.shtml]
http://www.no1984.org/ [http://www.no1984.org/]
http://www.radiolinux.info/readnews.php?frompage=1&id=76 [http://www.radiolinux.info/readnews.php?frompage=1&id=76]
https://www.cypherpunks.to/TCPA_DEFCON_10.ppt [https://www.cypherpunks.to/TCPA_DEFCON_10.ppt]
http://www.alessandropagano.net/notcpa.html [http://www.alessandropagano.net/notcpa.html] torna a inizio pagina |
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